b/c/tsDMARDs e rischio cardiovascolare nelle artropatie infiammatorie

b/c/tsDMARDs e rischio cardiovascolare nelle artropatie infiammatorie

Coordinato dalla Prof.ssa Fabiola Atzeni e con interventi della Dott.ssa Francesca Romana Spinelli, della Prof.ssa Andreina Manfredi e della Dr.ssa Garifallia Sakellariou, l’incontro ha offerto un ampio panorama di riflessione clinica e scientifica sull’utilizzo delle terapie antinfiammatorie in pazienti con patologie reumatologiche ad alto rischio cardiovascolare

Il terzo incontro dell’edizione 2025 del progetto Reuma in Heart ha affrontato un nodo cruciale per la pratica reumatologica moderna: il ruolo delle terapie farmacologiche nella modulazione del rischio cardiovascolare (CV) nei pazienti affetti da artropatie infiammatorie. Nello specifico, il webinar si è focalizzato sull'impatto delle diverse classi di DMARDs (Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs) – convenzionali, biologici e sintetici mirati – in relazione alla salute cardiovascolare.

Introduzione

Come emerso nell’introduzione al webinar, il paziente reumatologico di oggi non si accontenta più di una gestione focalizzata esclusivamente sul controllo del dolore articolare o sull’inibizione dell’infiammazione a breve termine. Si tratta di una popolazione sempre più consapevole, informata e coinvolta nel percorso di cura, che richiede una presa in carico globale, orientata non solo alla remissione clinica ma anche alla preservazione della qualità della vita, alla funzionalità quotidiana e alla prevenzione delle complicanze a lungo termine.

Tra le comorbidità associate alle malattie infiammatorie croniche, la malattia cardiovascolare rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità, in particolare nei pazienti affetti da artrite reumatoide (AR). L’infiammazione sistemica persistente, infatti, agisce da acceleratore del processo aterosclerotico, interagendo in maniera sinergica con i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali. Non sorprende, quindi, che il rischio di infarto miocardico o ictus nei pazienti con AR sia significativamente superiore rispetto alla popolazione generale, anche in giovane età.

Alla luce di questo scenario, l’approccio reumatologico moderno non può più prescindere da una solida impostazione internistica: il reumatologo diventa oggi un gestore della cronicità sistemica, chiamato a valutare il profilo di rischio globale del paziente, ad adattare il trattamento in base alle comorbidità, e ad attuare strategie terapeutiche capaci di coniugare efficacia reumatologica e sicurezza cardiovascolare. In questo contesto, diventano fondamentali non solo le competenze farmacologiche, ma anche la capacità di comunicare in modo chiaro con il paziente, costruendo un’alleanza terapeutica solida, fondata su trasparenza, fiducia e condivisione degli obiettivi.

Il terzo webinar del ciclo Reuma in Heart ha esplorato in profondità questi aspetti, con particolare attenzione all’impatto dei diversi DMARDs – convenzionali, biologici e mirati – sul rischio cardiovascolare, fornendo una lettura critica delle evidenze e offrendo spunti concreti per una gestione clinica integrata e cardio-consapevole.

Di seguito, una sintesi dei temi trattati:

Farmaci antinfiammatori: vantaggi e criticità sul piano cardiovascolare

Nel suo intervento, la Dott.ssa Francesca Romana Spinelli ha delineato con rigore il profilo cardiovascolare di due classi farmacologiche di ampio utilizzo nella pratica clinica reumatologica: i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) e i glucocorticoidi. Sebbene entrambi siano fondamentali nel controllo dell’infiammazione acuta e del dolore, il loro utilizzo richiede una valutazione attenta del rischio, soprattutto nei pazienti con comorbidità cardiovascolari o metaboliche.

I FANS COX-2 selettivi, ad esempio, sono associati a un aumentato rischio aterotrombotico, effetto mediato da un’alterazione dell’equilibrio tra prostaciclina e trombossano, con conseguente aumento della vasocostrizione e della tendenza trombotica. Anche i FANS non selettivi, pur avendo un profilo leggermente più favorevole, possono influenzare negativamente la pressione arteriosa e la funzione renale, contribuendo indirettamente al rischio cardiovascolare.

Per quanto riguarda i glucocorticoidi, la Dott.ssa Spinelli ha evidenziato come il loro utilizzo cronico – anche a basse dosi – sia correlato a disfunzioni metaboliche (ipertensione, dislipidemia, insulino-resistenza) e all’accelerazione del processo aterosclerotico. Inoltre, l’uso prolungato può alterare la funzione endoteliale e favorire un aumento della rigidità arteriosa. Il messaggio chiave è stato quello di una necessità di impiego mirato, a dosi minime efficaci e per periodi il più possibile brevi, in linea con le più recenti raccomandazioni internazionali.

I cDMARDs: metotrexato al centro della prevenzione

La Prof.ssa Andreina Manfredi ha fornito un'analisi approfondita sul ruolo dei DMARDs convenzionali nella modulazione del rischio cardiovascolare. Il metotrexato, in particolare, rappresenta un punto fermo nella terapia dell’artrite reumatoide, non solo per la sua efficacia nel controllo dell’infiammazione articolare, ma anche per la sua capacità di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori. Studi osservazionali e metanalisi hanno confermato una riduzione del rischio che può arrivare fino al 30%, soprattutto quando il farmaco viene mantenuto stabilmente nel tempo.

La Prof.ssa Manfredi ha posto l’accento anche sugli altri DMARDs convenzionali: l’idrossiclorochina, spesso sottovalutata, presenta un’interessante attività antiaterogena documentata sia in studi clinici che in vitro; la sulfasalazina si è dimostrata in grado di aumentare i livelli di HDL e migliorare la funzione endoteliale; la leflunomide, invece, pur avendo effetti antinfiammatori robusti, richiede cautela per l’associazione con aumento della pressione arteriosa.

Un dato di grande interesse emerso dal suo intervento è stato il possibile differenziale di efficacia del metotrexato tra i sessi, con un effetto più marcato nella riduzione del rischio cardiovascolare negli uomini. Questo apre una prospettiva importante verso una medicina di genere, che tenga conto delle differenze biologiche anche nella risposta ai farmaci.

I bDMARDs: anti-TNF e anti-IL-6 in prima linea per la cardioprotezione

La Prof.ssa Fabiola Atzeni ha presentato un’esposizione esaustiva sul profilo cardiovascolare dei farmaci biologici, concentrandosi sugli anti-TNF e sugli inibitori dell’interleuchina-6 (IL-6). Ha illustrato come gli anti-TNF non solo abbiano rivoluzionato la gestione dell’artrite reumatoide sul piano clinico, ma abbiano anche dimostrato un impatto significativo nella riduzione del rischio cardiovascolare.

Numerosi studi hanno mostrato un miglioramento della funzione endoteliale, una riduzione dello spessore dell’intima-media carotidea e un miglior controllo della resistenza insulinica. La persistenza in terapia è risultata un parametro chiave: mantenere il trattamento per almeno tre anni comporta una riduzione fino al 50% del rischio di eventi CV.

Anche gli inibitori dell’IL-6, come il tocilizumab, hanno mostrato benefici cardiovascolari, pur aumentando i livelli di colesterolo totale. Questo apparente paradosso è stato spiegato dalla capacità del farmaco di trasformare l’HDL da particella pro-infiammatoria a antinfiammatoria, migliorandone la funzionalità. In questo senso, la Prof.ssa Atzeni ha proposto una lettura funzionale del profilo lipidico, che va oltre la semplice quantificazione numerica.

Infine, ha affrontato anche il ruolo dell’abatacept, farmaco considerato particolarmente sicuro nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, e del rituximab, la cui prescrizione è da riservare a pazienti selezionati per via del rischio cardiovascolare potenziale, dovuto più alle caratteristiche cliniche dei pazienti che non al farmaco stesso.

I tsDMARDs: efficaci ma sotto osservazione

La Dr.ssa Garifallia Sakellariou ha fornito un’analisi critica e approfondita della letteratura disponibile sulla sicurezza cardiovascolare dei JAK-inibitori, farmaci di più recente introduzione nella terapia delle artriti infiammatorie. Il suo intervento si è aperto con una sintesi dello studio ORAL Surveillance, che ha evidenziato un aumento degli eventi CV nei pazienti ad alto rischio trattati con tofacitinib rispetto ad adalimumab.

Questo ha portato all’emissione di warning da parte delle autorità regolatorie (EMA, FDA, AIFA), con raccomandazioni specifiche per i pazienti >65 anni, fumatori o con eventi cardiovascolari pregressi.

Tuttavia, la Dr.ssa Sakellariou ha evidenziato come le evidenze siano ancora in evoluzione e che il segnale di rischio non sia uniforme per tutta la classe. Analisi secondarie e studi real-world suggeriscono che il rischio possa essere circoscritto principalmente al tofacitinib, mentre molecole come upadacitinib e filgotinib sembrano avere un profilo di sicurezza più rassicurante, soprattutto nei pazienti a basso rischio cardiovascolare.

Inoltre, è stato sottolineato come il rischio di eventi CV si concentri soprattutto nei primi mesi di terapia, rafforzando l’ipotesi che l’infiammazione sistemica attiva sia il vero driver del danno cardiovascolare. In quest’ottica, il messaggio emerso è stato quello di trattare tempestivamente e in modo efficace la malattia reumatologica, scegliendo con attenzione il paziente candidato al trattamento con JAK-inibitori e considerando con serietà la possibilità di combinazione con metotrexato, che potrebbe contribuire a mitigare il rischio.

La complessità degli studi sul rischio CV in AR

Uno dei punti centrali emersi nella discussione è la difficoltà metodologica nel condurre studi affidabili sul rischio cardiovascolare nei pazienti con AR. La variabilità individuale (età, durata della malattia, sieropositività, comorbidità), la pluralità di farmaci concomitanti e l’effetto duale di molte terapie (anti-infiammatorio vs. metabolico) rendono difficile isolare l’impatto di un singolo farmaco. Inoltre, la diversità dei disegni di studio (RCT, registri, farmacovigilanza) contribuisce alla disomogeneità dei risultati. Tra tutti, gli studi osservazionali su registri clinici rappresentano ad oggi la fonte più affidabile per valutare la sicurezza cardiovascolare a lungo termine.

Conclusioni: una medicina personalizzata e centrata sul paziente

Il webinar si è concluso con un messaggio condiviso dai relatori: la necessità di adottare una medicina personalizzata e olistica, che consideri il rischio cardiovascolare come parte integrante del trattamento delle artropatie infiammatorie. Questo richiede:

  • un’attenta valutazione del profilo di rischio del paziente;
  • l’uso consapevole e bilanciato delle terapie disponibili;
  • il mantenimento della continuità terapeutica, anche dopo un evento CV;
  • l’adozione di uno stile di vita sano;
  • un dialogo costante tra medico e paziente per promuovere l’aderenza e l’engagement terapeutico.

Nel panorama attuale, il reumatologo si configura come una figura chiave non solo nel controllo della malattia articolare, ma anche nella prevenzione delle complicanze sistemiche, tra cui la malattia cardiovascolare, attraverso un approccio integrato, tempestivo e multidisciplinare.

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