Negli articoli precedenti, ci si è concentrati sulla responsabilità delle strutture sanitarie e degli esercenti la professione sanitaria, in generale.
Non è invece mai stata approfondita la tematica relativa alla responsabilità delle figure apicali, nella specie, del Direttore Sanitario.
Tale figura è effettivamente sempre rimasta piuttosto estranea al contenzioso, non perché non detenga una specifica posizione di garanzia, ma perché, a livello processuale, soprattutto in ambito civile, la parte danneggiata ha sempre preferito coinvolgere la sola struttura sanitaria, in quanto co- responsabile in solido con i sanitari; ciò al fine precipuo di contenere gli effetti negativi di una eventuale soccombenza, in termini di spese legali e peritali.
Tale (condivisibile) scelta è stata peraltro incoraggiata anche dalla Legge n. 24/2017 c.d. Legge Gelli-Bianco, in cui si è voluto alleggerire la posizione dei sanitari “strutturati”:
- in ambito penale (art. 6), con l’introduzione di una esimente alla punibilità dei sanitari per imperizia lieve;
- in ambito civile (art. 7), con il doppio binario della responsabilità contrattuale, per le strutture e per i liberi professionisti, extracontrattuale, per i sanitari strutturati;
- in ambito amministrativo (art. 9), con la previsione di un doppio limite alla rivalsa, qualitativo (per colpa grave e dolo) e quantitativo (nei limiti, per sinistro, delle 3 volte il reddito annuo lordo del sanitario ritenuto responsabile per colpa grave).
Questo a fronte della consapevolezza che gli esercenti la professione sanitaria non possono rispondere nei confronti del paziente anche di tutte le carenze sistemiche e organizzative delle strutture in cui operano, non avendo alcuna ingerenza sulla gestione delle risorse economiche, strumentali e di personale.
Su queste basi, si innesta dunque -prospetticamente- la possibilità di un futuro maggior coinvolgimento anche del Direttore Sanitario, se non in ambito civile, quanto meno, in ambito amministrativo e penale, in quanto garante della adeguata organizzazione all’interno della struttura.
In quest’ottica, può quindi essere utile richiamare i principi statuiti, sul tema, dalla Suprema Corte di Cassazione.
Nell’ambito, in particolare, delle strutture private, la sentenza della Cassazione penale sez. IV, n. 32477 del 19/02/2019 ha stabilito che il Direttore Sanitario risponde per l’inadeguata organizzazione, se il reato non è ascrivibile ai soli operatori della struttura.
Secondo la pronuncia in esame, «al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza ed organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all'accettazione dei medesimi, all'informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all'adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità».
Al Direttore Sanitario sono infatti riconosciute plurime attribuzioni di derivazione normativa, tra le quali «quelle di carattere manageriale e medico-legale, in quanto egli verifica l'appropriatezza delle prestazioni medico-chirurgiche erogate, la corretta conservazione dei farmaci, organizza la logistica dei pazienti e, soprattutto, governa la gestione del rischio clinico. Il direttore sanitario è il garante ultimo dell'assistenza sanitaria ai pazienti e del coordinamento del personale sanitario operante nella struttura, affinché tale attività sia sempre improntata a criteri di qualità e di sicurezza».
Al riguardo la Cassazione richiama alcune delle normative di riferimento in cui vengono definiti i compiti e le responsabilità del Direttore Sanitario di struttura privata, tra cui:
- La L. 12 febbraio 1968, n. 128 che prevede, all’art. 53, l’obbligatorietà della nomina di un Direttore Sanitario in ogni casa di cura privata, in rapporto diretto con l’A.S.L., con il compito di rispondere personalmente dell’organizzazione tecnico-funzionale e del "buon andamento dei servizi igienico-sanitari", assumendo la responsabilità della gestione della casa di cura sotto il profilo sanitario e, per quanto attiene all'organizzazione, dei diversi servizi tecnici della casa di cura stessa.
- Il D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128 che, all’art. 5, disciplina le attribuzioni del direttore sanitario nell’ambito delle funzioni di controllo, vigilanza e sorveglianza, tra cui:
- la previsione degli schemi di norme interne per la organizzazione dei servizi tecnico-sanitari;
- le decisioni sull'impiego, sulla destinazione, sui turni e sui congedi del personale sanitario, tecnico, ausiliario ed esecutivo addetto ai servizi sanitari dell'ospedale cui è preposto in base ai criteri fissati dall'amministrazione;
- la vigilanza sul personale da lui dipendente;
- la vigilanza sulle provviste necessarie per il funzionamento sanitario dell'ospedale e per il mantenimento dell'infermo.
Il D.P.C.M. 27 giugno 1986, n. 495600 ("Atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle Regioni in materia di requisiti delle case di cura private"), che all'art. 27, stabilisce che "il direttore sanitario cura l'organizzazione tecnico sanitaria della casa di cura privata sotto il profilo igienico ed organizzativo, rispondendone all'amministrazione e all'autorità sanitaria competente"; "propone all'amministrazione, d'intesa con i responsabili dei servizi, l'acquisto di apparecchi, attrezzature ed arredi sanitari; vigila sul funzionamento dell'emoteca".
Vi sono poi ulteriori norme specifiche - come nel caso trattato dalla Cassazione riguardante il decesso di una gestante per emorragia - ad esempio, la L. 4 maggio 1990, n. 107 oltre alle previsioni analitiche di cui al decreto del Ministero della sanità del 27 dicembre 1990, in tema di doveri del Direttore Sanitario sulla vigilanza sul funzionamento dell'emoteca e su tutti gli aspetti della materia trasfusionale oltre alla raccomandazione per la prevenzione della morte materna o malattia grave correlata al travaglio e/o parto del Ministero della Salute n. 6 del 31 marzo 2008, rivolta alle direzioni sanitarie e diretta a «incoraggiare l'adozione di appropriate misure assistenziali e organizzative per evitare o minimizzare l'insorgenza di eventi avversi nell'assistenza al parto e al post-partum in modo da ridurre la mortalità potenzialmente evitabile».
Come rilevato dalla Suprema Corte, tutti gli anzidetti poteri/doveri comportano l'attribuzione in capo al Direttore Sanitario «di una posizione di garanzia giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata o inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura». Si parla, in particolare, di «colpa di "organizzazione" fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte del direttore sanitario di adottare le cautele organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità della casa di cura».
Da un punto di vista pratico, per poter giungere ad una condanna, il Giudice deve attuare una attenta valutazione, sia della funzione ricoperta, in astratto, dal Direttore Sanitario, sia del ruolo concretamente avuto dallo stesso rispetto ai fatti occorsi. L’obiettivo è infatti quello di poter dimostrare che se l'azione doverosa fosse stata tenuta, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non si sarebbe verificato.
Su queste basi, nel caso trattato dalla sentenza in esame, i giudici hanno accertato, in concreto:
- la mancanza di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni della paziente all'atto dell'ingresso, al fine di stabilire l'adeguatezza della struttura alla risoluzione delle problematiche di salute della medesima, nonché la mancanza di un protocollo per le situazioni di emergenza.
- l’assenza di segnalazioni da parte del direttore sanitario di difetti strutturali e/o organizzativi della struttura al dirigente sanitario o all'A.S.L. e l’assenza di una delega a terzi delle sue mansioni ovvero una ingerenza del dirigente sanitario nelle sue attribuzioni.
- una condotta superficiale del direttore sanitario anche «nella mancata predisposizione di un adeguato sistema informativo, che consentisse di evitare il ricovero della paziente a rischio e di destinarla verso una struttura maggiormente attrezzata, o di subordinare l'ospedalizzazione all'adozione di particolari precauzioni». Tale aspetto attiene anche agli aspetti riguardanti il consenso informato e al diritto di autodeterminazione del paziente.
Dall’istruttoria e dalla documentazione agli atti, è infatti emersa la presenza di un protocollo operativo di prevenzione dei rischi per i pazienti ricoverati in struttura del tutto inappropriato, in quanto approssimativo nella ripartizione delle sfere di competenza tra direzione e singoli medici, dal momento del ricovero a quello della fase emergenziale post partum.
Questi quindi i principi generali per valutare la responsabilità del Direttore Sanitario.
In un ambito più specifico come quello delle infezioni correlate all’assistenza (c.d. ICA), si segnala infine anche la pronuncia della Cassazione civile sez. III, 03/03/2023, n. 6386.
Tale pronuncia appare infatti interessante poiché attuata una distinzione tra le diverse figure apicali presenti in struttura, attribuendo specifiche responsabilità:
- in capo al dirigente apicale, nel caso in cui non sia in grado di dimostrare di avere indicato le regole cautelari da adottarsi, in attuazione del proprio potere-dovere di sorveglianza e verifica;
- in capo al Direttore Sanitario, qualora non dimostri di «averle attuate e avere organizzato gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, vigilando altresì sull'attuazione delle indicazioni fornite»;
- in capo al dirigente di struttura complessa, esecutore finale dei protocolli e delle linee-guida, qualora non dimostri di «avere collaborato con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo e igienista, essendo tenuto ad assumere precise informazioni sulle iniziative degli altri medici ovvero a denunciare le eventuali carenze della struttura».
Come emerge pertanto dalle pronunce esaminate, anche il Direttore Sanitario ricopre una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente, derivante dai compiti e dai doveri imposti a livello normativo, che lo espone a potenziali condanne.
Tutto ciò impone una attenta riflessione riguardo alla totale sottovalutazione dei rischi correlati all’assunzione di tale incarico che si attua in alcune realtà private, di piccole dimensioni, in cui il Direttore Sanitario sembra essere più una “nomina” tout court, piuttosto che un vero e proprio ruolo di contenuto effettivo e operativo.
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