L’ASL è responsabile per il fatto colposo del medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale?

L’ASL è responsabile per il fatto colposo del medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale?

Cristina Lombardo

Avvocato, Milano

La questione sulla possibile responsabilità della ASL per i fatti colposi commessi da un medico di base convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha rappresentato, per lungo tempo, un tema controverso, discusso sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Il dibattito si è concentrato sull'individuazione del rapporto tra medico e ASL e sulla natura della responsabilità derivante.

La questione relativa alla sussistenza o meno di una responsabilità anche in capo alla stessa ASL, per il fatto colposo commesso dal medico di base convenzionato con il SSN, è una tematica che, per anni, è stata oggetto di un intenso dibattito, sia in ambito dottrinale, sia in ambito giurisprudenziale.

Per molto tempo, infatti, le ASL, coinvolte direttamente da parte di un paziente che lamentava un danno conseguente ad un errore del medico di medicina generale convenzionato, hanno eccepito la loro carenza di legittimazione passiva sulla base, sostanzialmente, di due assunti:

  • che il medico di base non potesse essere considerato come un loro ausiliario, operando come libero professionista, in regime di convenzione, peraltro, con il Servizio Sanitario Nazionale e non con le ASL
  • che non si potesse ravvisare né un contatto sociale qualificato fra paziente e ASL, né un contratto di spedalità, non esercitando l’ASL alcun controllo sui contenuti tecnico-professionali del sanitario, bensì su specifici e limitati aspetti di natura organizzativo-gestionale (es. sulla congruità dell’apertura degli ambulatori ex art. 36 ACN e/o sui motivi di cessazione del rapporto convenzionale ex art. 19 ACN).

Il primo approdo in senso favorevole al riconoscimento di una responsabilità solidale tra medico di base e ASL si è avuto nel 2015, con la sentenza della Cassazione civile, n. 6243 del 27 marzo 2015.
In tale sentenza, la Suprema Corte, nell’enunciare un nuovo principio di diritto, ha ritenuto l'ASL civilmente responsabile, ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., del fatto illecito del medico convenzionato commesso in esecuzione della prestazione curativa, nell’ambito dell’assistenza medico-generica resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N., in base ai livelli stabiliti dalla legge.

Secondo la Corte, infatti, l’obbligo di erogare la prestazione curativa dell’assistenza medico-generica è di esclusiva competenza della ASL che, proprio a tal fine, sceglie di avvalersi di un medico convenzionato all'interno dell'organizzazione del servizio sanitario predisposto dalla stessa ASL, conformemente con quanto dettato dall'art. 25 della L. 833/1978, che -al comma 3- prevede espressamente che “l’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino”.
Per questo, il medico convenzionato è parte integrante di tale organizzazione e deve quindi essere considerato un "ausiliario" della stessa ASL, quand’anche non dipendente, ma comunque in rapporto di “parasubordinazione” con l’ente.

Nello svolgimento della propria attività professionale, il medico di base convenzionato adempie infatti, per conto e nell’interesse della ASL, una obbligazione assunta dall’ASL nei confronti degli assistiti/utenti del S.S.N.; tanto è vero, che la remunerazione del medico viene erogata dall’ASL e non dall’utente.
La scelta del medico da parte del paziente giunge, d’altro canto, a monte di una preventiva selezione effettuata dalla ASL, che risulta quindi l’unica debitrice ai sensi di legge nei confronti dei cittadini assistiti (art. 25 L. 833/1978).
Tali principi sono stati di recente confermati dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza del 28/05/2024, n. 14846.

In tale pronuncia, la S.C. ha ribadito che «L' ASL è responsabile, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto colposo del medico di base, convenzionato con il SSN, essendo tenuta per legge - nei limiti dei livelli essenziali di assistenza - ad erogare l’assistenza medica generica e la relativa prestazione di cura, avvalendosi di personale medico alle proprie dipendenze o in rapporto di convenzionamento».
Questo principio risulta in linea con quanto peraltro stabilito dall’art. 7 della L. 24/2017, c.d. Legge Gelli-Bianco.

La norma prevede infatti che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponda, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose.
L’ASL avvalendosi di terzi per l’adempimento dell’obbligazione impostagli dalla legge si farà dunque carico dei relativi rischi, secondo il principio “cuius commoda, cuius et incommoda”.
Su queste basi, ai sensi del richiamato art. 7 della L. 24/2017, il medico di medicina generale, per l’operato svolto in convenzione, risponderà a titolo extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., e la struttura sanitaria potrà quindi rivalersi nei suoi confronti “solo in caso di dolo o colpa grave”, ex art. 9 della L. 24/2017.

In conseguenza di tale inquadramento, per la sola attività svolta in convenzione, la copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi del medico di base dovrà essere fornita a quest’ultimo dall’ASL, restando a carico del medico gli oneri per la polizza di c.d. colpa grave, per la rivalsa, ex art. 10 c. 3 della L. 24/2017.
Parimenti, resteranno a carico del medico anche gli oneri per la stipulazione della copertura assicurativa per la sua responsabilità civile verso terzi derivante, questa volta, dall’attività svolta in regime libero professionale “puro”.


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