Il 14 marzo 2025 si è tenuto il primo incontro dell'edizione 2025 di Reuma in Heart. Il Progetto prevede un ciclo di incontri volto ad approfondire il legame tra patologie reumatologiche e rischio cardiovascolare (CV).
Dopo aver affrontato il tema del rischio CV nell’artrite reumatoide (AR) durante l’anno scorso, il Progetto prosegue con l'obiettivo di migliorare la conoscenza delle comorbidità cardiovascolari nelle diverse forme di artropatie infiammatorie, condizioni che riducono significativamente l'aspettativa di vita, con un focus innovativo su un aspetto spesso trascurato, come il ruolo della depressione nel rischio CV.
All’incontro ha partecipato un team multidisciplinare di esperti, che ha incluso la Prof.ssa Fabiola Atzeni dell’Università degli Studi di Messina, Direttore UOC di Reumatologia, come Responsabile Scientifico, il Prof. Matteo Piga, Università di Cagliari, UOC Reumatologia AOU Cagliari, la Prof.ssa Elisa Gremese, Humanitas Research Hospital - IRCCS, Humanitas University, la Prof.ssa Ombretta Viapiana, Università degli Studi di Verona e il Prof. Giampaolo Robert Perna, Humanitas University, Direttore Mental Health Center Humanitas.
Introduzione
Le evidenze scientifiche mostrano che il rischio CV nei pazienti con artropatie è determinato sia dai fattori di rischio tradizionali (età, sesso, fumo, diabete, ipertensione, dislipidemia) sia da aspetti spesso sottovalutati, come l’obesità, l’iperuricemia e la depressione.
Il progetto si pone quindi l’obiettivo di delineare un quadro completo della gestione del rischio CV, integrando la prospettiva reumatologica, cardiologica e psichiatrica.
Fattori di rischio cardiovascolari tradizionali e non nelle artropatie infiammatorie
Il prof. Matteo Piga ha analizzato il ruolo dell’età, del sesso e del fumo di sigaretta nella gestione del rischio CV nei pazienti con AR e artropatie infiammatorie.
Mentre l’età e il sesso sono fattori non modificabili, il fumo rappresenta un elemento di rischio rilevante, con un impatto sia sulla progressione della malattia che sulle complicanze cardiovascolari.
L’AR è associata a un rischio CV aumentato, con un’incidenza più elevata di eventi ischemici negli uomini e una maggiore mortalità cardiovascolare nelle donne. Nei pazienti sotto i 50 anni, il rischio di eventi cardiovascolari è fino a quattro volte superiore rispetto ai coetanei sani, con una riduzione progressiva con l’avanzare dell’età.
Il fumo di sigaretta, oltre a raddoppiare il rischio di sviluppare AR, contribuisce alla sua progressione attraverso l’attivazione di una risposta infiammatoria e autoimmune. L’interruzione del fumo è quindi fondamentale non solo per ridurre il rischio CV, ma anche per migliorare l’efficacia dei trattamenti reumatologici.
L’aterosclerosi accelerata nei pazienti con AR è il risultato di una combinazione tra fattori di rischio tradizionali e alterazioni immunologiche. Citochine pro-infiammatorie come TNF-α e IL-6 danneggiano l’endotelio vascolare, favorendo la formazione di placche aterosclerotiche e aumentando la vulnerabilità alla rottura. L’obesità, l’ipertensione e il diabete sono frequentemente riscontrati in questi pazienti, contribuendo a un ulteriore aumento del rischio CV.
Il fumo non solo aumenta il rischio di eventi cardiovascolari, ma è anche associato a una maggiore attività della malattia e a una ridotta efficacia di trattamenti come il metotrexato. La sua cessazione rappresenta una sfida complessa, richiedendo un approccio multidisciplinare che integri supporto comportamentale, consulenza psicologica e, se necessario, terapie farmacologiche. Sebbene le sigarette elettroniche siano considerate un’alternativa meno dannosa, il loro impatto sulla salute cardiovascolare resta incerto e va valutato con cautela.
La gestione del rischio CV nei pazienti con artropatie infiammatorie deve includere il controllo dell’ipertensione, la regolazione del profilo lipidico e l’adozione di uno stile di vita sano, basato su una dieta equilibrata e sull’attività fisica.
Focus su dislipidemia, ipertensione e diabete mellito
La prof.ssa Elisa Gremese ha evidenziato il ruolo centrale del diabete, dell’ipertensione e della dislipidemia nel rischio CV dei pazienti con AR.
Il cosiddetto paradosso lipidico dell’AR mostra livelli apparentemente normali di colesterolo LDL, ma con un rischio CV aumentato, a causa dell’effetto pro-infiammatorio della malattia che altera la funzionalità delle lipoproteine. Alcuni farmaci, come gli inibitori dell'interleuchina 6 (IL-6), possono aumentare il colesterolo totale senza incrementare il rischio CV, grazie al miglioramento della funzionalità dell’HDL.
L’ipertensione arteriosa colpisce oltre l’80% dei pazienti con AR ed è spesso non adeguatamente controllata. L’infiammazione, l’uso di corticosteroidi e la ridotta attività fisica possono aggravare la progressione della malattia, rendendo essenziale una gestione precoce per prevenire eventi cardiovascolari.
Anche il diabete di tipo 2 è più frequente nei pazienti con AR, complicando ulteriormente il quadro cardiovascolare. Alcuni trattamenti biologici, in particolare gli inibitori dell’IL-6, sembrano migliorare la sensibilità all’insulina, contribuendo a un migliore controllo metabolico.
La gestione del rischio CV nei pazienti con artropatie infiammatorie, in particolare con AR, richiede un approccio integrato che combini identificazione, trattamento e monitoraggio dei fattori di rischio tradizionali. L’infiammazione cronica e le terapie farmacologiche possono influenzare il metabolismo lipidico e glucidico, rendendo essenziale un controllo attento. L’aderenza alle linee guida internazionali è fondamentale per migliorare la prognosi cardiovascolare e ridurre le complicanze.
Focus su obesità, iperuricemia e vita sedentaria
La prof.ssa Ombretta Viapiana ha analizzato l’impatto dell’obesità, della sedentarietà e dell’iperuricemia sul rischio CV nei pazienti con artropatie infiammatorie, sottolineando il ruolo cruciale di questi fattori nella progressione della malattia e nelle complicanze cardiovascolari.
L’obesità è particolarmente rilevante nei pazienti con AR e artropatia psoriasica, poiché il tessuto adiposo non è solo un deposito energetico, ma anche un attivo produttore di citochine pro-infiammatorie come il TNF-α e l’IL-6, che contribuiscono all’infiammazione sistemica e all’aterosclerosi. L’eccesso di peso aggrava il quadro metabolico, aumentando la resistenza all’insulina e favorendo lo sviluppo di ipertensione e dislipidemia, con un impatto diretto sul rischio CV.
La sedentarietà, comune tra i pazienti reumatologici a causa del dolore articolare e della ridotta mobilità, è un ulteriore fattore di rischio. L’attività fisica si è dimostrata efficace nel migliorare il profilo lipidico, il controllo metabolico e la funzione endoteliale, riducendo il rischio CV. Tuttavia, l’aderenza ai programmi di esercizio rimane bassa, rendendo necessarie strategie personalizzate per favorire la partecipazione dei pazienti.
L’iperuricemia, spesso trascurato nella pratica clinica, è caratterizzata da livelli elevati di acido urico, ed è un fattore di rischio CV indipendente, anche in assenza di gotta. Studi recenti hanno evidenziato un’associazione tra iperuricemia e aumento dell’infiammazione vascolare, suggerendo che il controllo dell’acido urico possa essere un obiettivo terapeutico per ridurre il rischio CV nei pazienti con artropatie infiammatorie.
Un approccio integrato, basato su modifiche dello stile di vita e strategie terapeutiche mirate, è essenziale per ridurre il peso corporeo, migliorare l’attività fisica e ottimizzare la gestione dell’iperuricemia, con l’obiettivo di prevenire complicanze cardiovascolari e migliorare la qualità di vita dei pazienti reumatologici.
Depressione e rischio cardiovascolare
Il prof. Giampaolo Perna ha evidenziato che la depressione è riconosciuta come un fattore di rischio rilevante nei pazienti con artropatie infiammatorie, che impatta significativamente sulla qualità della vita e sull'aderenza terapeutica. La depressione non è solo una reazione psicologica di demotivazione e tristezza legata alla progressiva perdita di funzionalità fisica, ma rappresenta un fattore di rischio riconosciuto per le malattie cardiovascolari.
La depressione aumenta lo stato infiammatorio sistemico, contribuendo alla progressione dell’aterosclerosi e aumentando la vulnerabilità agli eventi cardiovascolari. Questo avviene attraverso un incremento della produzione di citochine pro-infiammatorie, come IL-6 e TNF-α, che non solo favoriscono l’infiammazione cronica, ma possono anche influenzare il metabolismo e la regolazione cardiovascolare.
Anche se non è stata ancora formulata una teoria definitiva, gli studi indicano che l’infiammazione potrebbe rappresentare un fattore comune nello sviluppo di entrambe le condizioni, depressione e infiammazione, influenzando direttamente lo stato di salute del paziente. Inoltre, i pazienti depressi tendono ad avere una minore aderenza alle terapie, uno stile di vita meno sano e un maggiore rischio di sviluppare ipertensione e alterazioni metaboliche, che aggravano ulteriormente la loro condizione cardiovascolare.
Dal punto di vista terapeutico, gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) possono rappresentare una strategia efficace, non solo per il trattamento della depressione, ma anche per la loro azione antinfiammatoria e anticoagulante, in grado di offrire un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare. Tuttavia, è necessaria un’attenta valutazione personalizzata del paziente, considerando le possibili interazioni farmacologiche con le terapie per le artropatie infiammatorie.
L’integrazione del supporto psicologico e psichiatrico nella gestione clinica di questi pazienti è cruciale per migliorare l’aderenza terapeutica, ridurre il rischio CV e ottimizzare la qualità della vita, evidenziando l’importanza di un trattamento globale che tenga conto di tutte le dimensioni della malattia.
Conclusioni
Dall’incontro è emerso che la gestione del rischio cardiovascolare deve essere parte integrante della terapia delle artropatie infiammatorie, richiedendo un’attenzione costante sia al controllo della malattia che ai fattori di rischio associati. Oltre ai fattori tradizionali, come ipertensione, dislipidemia e diabete, devono essere considerati anche aspetti spesso sottovalutati, come obesità, iperuricemia e depressione.
L’aderenza terapeutica e la modifica dello stile di vita rappresentano elementi fondamentali per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari.
Un approccio multidisciplinare risulta essenziale per una gestione efficace delle artropatie infiammatorie, favorendo l’integrazione tra reumatologi, cardiologi e psichiatri.
Infine, la formazione continua degli specialisti è cruciale per garantire un approccio integrato e aggiornato nella gestione del rischio cardiovascolare in questi pazienti. Investire in strategie di prevenzione e personalizzazione delle cure non solo migliora la qualità della vita del paziente con artropatie infiammatorie, ma contribuisce anche a ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari a lungo termine.
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