Richiesta di copia della cartella clinica da parte del paziente
Come richiedere la copia della tua cartella clinica, chi può farlo, quali documenti servono e le modalità di invio. L’articolo chiarisce anche i tempi di rilascio e i costi, evidenziando il diritto alla prima copia gratuita
Accade molto spesso che il paziente o i suoi aventi causa necessitino di una copia della cartella clinica relativa ad un accesso o ad un ricovero presso una struttura sanitaria. Le motivazioni possono essere differenti. Generalmente, il paziente ha necessità di tenere traccia dei trattamenti effettuati, magari per aggiornare lo specialista che lo ha preso in carico dopo il ricovero. In alcuni casi, però, il paziente ha necessità di sottoporre detta documentazione ad un consulente di parte al fine di far valutare eventuali errori nell’operato dei sanitari intervenuti nella sua cura. Per queste ragioni, ogni struttura mette solitamente a disposizione, sul proprio sito istituzionale, uno specifico modulo, che il paziente o suoi aventi diritto dovranno compilare, indicando, talora, anche la motivazione della richiesta. Una volta depositato il modulo, l’ufficio preposto si occuperà quindi di estrarre una copia conforme all’originale della cartella richiesta, che consegnerà al richiedente, previo versamento di una somma, a titolo di diritti di copia o di segreteria, che varierà sulla base delle modalità di consegna (cartaceo, telematico o a mezzo posta ordinaria) e del tempo trascorso dal ricovero.
Questa dunque la prassi
Sul punto, va però segnalata una sentenza dalla Corte giustizia europea (sent. n. 307 del 26/10/2023), piuttosto recente, che ha statuito il diritto del paziente di ottenere, gratuitamente, la prima copia della sua cartella medica. Il caso trattato dalla Corte di Giustizia europea prende le mosse da un giudizio proposto da un paziente avanti la Corte federale tedesca contro il proprio dentista. Il paziente aveva infatti richiesto una copia della propria cartella clinica, al fine di valutare la sussistenza di errori nell’operato del dentista e quindi anche l’eventualità di proporre un contenzioso nei suoi confronti. Il sanitario, conformemente alla normativa nazionale, aveva però richiesto il pagamento dei diritti di copia. Su queste basi, la Corte federale tedesca ha pertanto ritenuto di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia europea, reputando coinvolte anche questioni riguardanti la protezione dei dati e dunque le disposizioni contenute nel Regolamento UE 2016/679.
La Corte europea, richiamando il suddetto Regolamento, ha dichiarato il diritto del paziente di ottenere una prima copia integrale della sua cartella clinica, senza esborsi e senza necessità di esplicitare le motivazioni della richiesta. In quest’ottica, il pagamento dei diritti di copia al paziente potrà essere semmai richiesto solo qualora questi richieda nuovamente una copia della medesima documentazione già rilasciata. Secondo la Corte europea, l'art. 15, par. 3, prima frase, del Regolamento 2016/679, deve essere interpretato nel senso che, nell'ambito di un rapporto medico/paziente, il diritto di ottenere una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all'interessato una riproduzione fedele e intelligibile dell'insieme di tali dati. Tale diritto presuppone quello di ottenere la copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica che contengano, tra l'altro, detti dati, qualora la fornitura di una siffatta copia sia necessaria per consentire all'interessato di verificarne l'esattezza e la completezza, nonché per garantirne l'intelligibilità.
Per quanto riguarda i dati relativi alla salute dell'interessato, tale diritto include in ogni caso quello di ottenere una copia dei dati della sua cartella medica contenente informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati al medesimo. Come specificato dalla Corte, peraltro, tale principio non potrà essere derogato nemmeno dalle normative nazionali e nemmeno per tutelare gli interessi economici dei sanitari. Nella pratica corrente, tuttavia, l’orientamento assunto dalla Corte di Giustizia europea non sempre viene rispettato.
Sul punto, si era infatti già espresso il Garante della Privacy nel 2022 con le Linee Guida n. 1/2022, ritenendo che «in conformità della prima frase dell'articolo 15, paragrafo 3, GDPR", il titoIare del trattamento fornisce una copia gratuita dei dati personali oggetto di trattamento. La copia pertanto riguarda soltanto il secondo elemento del diritto di accesso ("accesso ai dati personali in corso di trattamento", vedi sopra). Il titolare del trattamento deve assicurare la gratuità della prima copia, anche qualora ritenga che il costo della riproduzione sia elevato (esempio: il costo di una copia della registrazione di una conversazione telefonica)».
Secondo il Garante, «il concetto di copia dev'essere interpretato in senso ampio e deve comprendere i diversi tipi di accesso ai dati personali; la copia inoltre dev'essere completa (ossia deve includere tutti i dati personali richiesti) e l'interessato deve avere la possibilità di conservarla. In base all'obbligo di fornire una copia, le informazioni sui dati personali riguardanti il richiedente sono comunicate all'interessato in modo tale che quest'ultimo possa conservare tutte le informazioni e consultarle in qualsiasi momento».
Di recente, nel dicembre del 2024, il Garante è tornato sul tema, chiarendo la questione attraverso 4 specifiche FAQ. Nella specie, alla FAQ n. 2 si chiede se «con la richiesta di accesso alla cartella clinica, presentata ai sensi dell’art. 15 del RGPD, l’interessato può pretendere di ottenere a titolo gratuito copia di tutta la documentazione contenuta in tale cartella?». La risposta al riguardo è la seguente: «No. Come evidenziato nella faq precedente, con la richiesta di accesso alla cartella clinica ai sensi del sopracitato art. 15 viene fornita a titolo gratuito copia dei dati personali e non necessariamente dei documenti contenuti in tale cartella».
La prima copia di tali dati viene fornita gratuitamente (art. 12, par. 5 e art. 15, par. 3, del RGPD)».
Come, tuttavia, specificato dalla Corte di Giustizia, nella richiamata sentenza del 2023, il diritto di accesso di cui all’art. 15 del Regolamento presuppone di ottenere la copia integrale dei documenti contenuti nella cartella medica, che -per quanto riguarda i dati relativi alla salute dell'interessato- «include in ogni caso quello di ottenere una copia dei dati della sua cartella medica contenente informazioni quali diagnosi, risultati di esami, pareri di medici curanti o eventuali terapie o interventi praticati al medesimo».
Sul punto, il Garante, alla FAQ n. 3, si è quindi posto il problema relativo a «Chi valuta la necessità di fornire copia integrale dei documenti contenuti nella cartella clinica a fronte di una richiesta di accesso ai sensi dell’art. 15 del RGPD?»
La risposta è la seguente: «Il titolare del trattamento. Nel fornire copia dei dati personali in risposta a una domanda di accesso presentata ai sensi dell'art. 15 del RGPD, il titolare valuta se occorre fornire copia integrale o meno di tutta o parte della documentazione contenuta nella cartella clinica per garantire all'interessato di verificare l'esattezza, la completezza, nonché l'intelligibilità dei dati richiesti (cfr. in tal senso il documento del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) “Linee guida 1/2022 sui diritti degli interessati - Diritto di accesso” - versione 2.1 del 28 marzo 2023 - punto 152, rintracciabili al seguente indirizzo web:
Linee guida 1/2022 sui diritti degli interessati
Come emerge quindi dal presente approfondimento, a livello nazionale e comunitario, sembra non esserci ancora un perfetto allineamento.
Sempre in tema di copia delle cartelle cliniche, si ritiene opportuno esaminare anche la questione relativa al termine previsto dalla legge per la consegna al paziente della documentazione sanitaria.
Il comma 2 dell’art. 4 della L. 24/2017, c.d. Legge Gelli Bianco, prevede infatti, espressamente che: «La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto, in conformità alla disciplina sull'accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della suddetta richiesta».
Tale procedura avrebbe dovuto divenire effettiva entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (01.04.2017), tuttavia, ancor oggi, la maggior parte, se non la totalità, delle aziende pubbliche e private prevede tempi di consegna tra i 30 e i 60 giorni dal deposito della richiesta e, per la maggior parte, la documentazione viene consegnata in formato cartaceo e non elettronico.
Anche in questo ambito, dunque, gli sforzi da attuare per adeguarsi a quanto previsto a livello normativo sono ancora molti. Certamente, la scelta di trasmettere la documentazione in formato elettronico consentirebbe alle strutture di allinearsi alla norma, riducendo, nel contempo, i costi a carico delle aziende sanitarie per la prima copia.
Come comportarsi per i dati raccolti in uno studio medico privato?
La sentenza della Corte di Giustizia si riferisce alla richiesta di accesso alla cartella clinica, presentata ai sensi dell’art. 15 del RGPD, e dunque alla richiesta del paziente di accedere ai propri dati personali, tra cui rientrano anche i c.d. dati particolari (in precedenza definiti sensibili) cioè quelli riguardanti lo stato di salute. Non c’è dunque alcuna distinzione tra pubblico e privato, poichè la richiesta afferisce al trattamento dei dati personali.
Anche la modalità della richiesta dovrebbe essere elettronica e non necessariamente motivata, il tempo di 90gg è troppo lungo, dovrebbe essere di 10gg
Come comportarsi per i dati raccolti in uno studio medico privato?
Sono comprese anche le immagini? Es.DVD DI TAC O foto di endoscopia O nella gratuità rientrano solo i referti?
La questione è, quando un paziente richiede una cartella trascorsi diversi anni. Dovrebbe esserci un limite certo oltre il quale i dati non sono più disponibili.